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Il Nobel che distrusse Marx e la sua teoria del valore

paul samuelson

Paul Samuelson era un noto economista statunitense.

Per decenni ha insegnato economia al MIT di Boston, e nel 1970 ha vinto il premio Nobel per l’economia per la sua teoria economica statica e dinamica.

Le sue teorie erano sempre basate su solide base matematiche e sull’osservazione della realtà, ed è un vero e proprio mito in ambito universitario dato che milioni di studenti hanno studiato sul suo manuale universitario “Economia“.

Karl Marx invece non era un economista, ma un filosofo tedesco appassionato di politica economica.

Infatti si è laureato in filosofia, e non ha mai nemmeno insegnato in un’Università. Ha dedicato la sua vita alla politica.

Le sue teorie economiche non erano basate su solide basi matematiche, ma sul suo intuito personale o su teorie precedenti. Inoltre nel corso dei decenni si sono rivelate anche decisamente distanti dalla realtà osservabile.

In particolare a fondamento delle teorie economiche di Marx c’è la cosiddetta “teoria del valore“, secondo cui un prodotto avrebbe un valore intrinseco dovuto al lavoro necessario per produrlo.

Tale teoria ormai viene considerata sorpassata, perchè errata, e lo stesso Marx l’aveva elaborata a partire da una precedente teoria simile ideata dall’economista britannico David Ricardo ad inizio dell’ottocento. Tra l’altro Ricardo era di fatto un liberista.

Proprio a causa di ciò Paul Samuelson definì Karl Marx “un post-ricardiano minore“, affermando che a livello economico a Marx possono essere riconosciuti solamente piccoli meriti. D’altronde era un filosofo, e non un economista, ma la sua errata teoria del valore ha affascinato milioni di incompetenti per secoli.

Lo stesso Samuelson dichiara che l’intento di Marx non è mai stato quello di descrivere l’economica in modo scientifico, ma solo trovare appoggi ideologici alla sua attività politica.

Curiosamente Samuelson non è mai stato un liberista convinto, tanto che tra i suoi accusatori c’è stato anche chi lo ha definito “socialista“. Infatti era un convinto sostenitore dell’economia mista di mercato e governo, e molti lo considerano un keynesiano. Il suo giudizio su Marx pertanto non è politico, ma “scientifico”.

Ebbene, nel 1955 Samuelson scrisse un articolo pubblicato dal Journal of Economic Literature che smontava la teoria del valore di Marx con una solida trattazione matematica.

In un successivo scritto del 1962 aggiunse:

Marx ha affermato che c’erano alcuni aspetti economici interessanti coinvolti in una teoria del valore del lavoro, e alcuni credono che la sua più grande fama in economia pura risieda nel suo tentativo di analisi del “plusvalore”. Sebbene avesse promesso di chiarire la contraddizione tra “prezzo” e “valore” nei volumi successivi, né lui né Engels hanno mai sostenuto questa affermazione.

Le contraddizioni e le idee confuse nella mente di Marx non devono essere confuse con le contraddizioni e le confusioni nel mondo reale.

Poi aggiunse anche, senza mezzi termini, che Marx era un pessimo econometrico dei suoi tempi ed un pessimo teorico, e ricordò che Keynes aveva liquidato il marxismo come una torbida assurdità.

Il fatto è che il prezzo di un prodotto è esplicito, ma anche estrinseco, ovvero generato dal rapporto tra domanda ed offerta sul mercato. Invece il “valore” intrinseco di Marx non è esplicito, e chiunque lo può calcolare a proprio piacimento utilizzando i dati che preferisce (anche inventandoseli). Secondo Samuelson non esiste un metodo matematico corretto per calcolare i prezzi dal valore, o viceversa.

In altre parole, il “valore” di Marx è pura invenzione, mentre il prezzo di mercato è un’osservazione oggettiva che chiunque può verificare. Come è facile intuire non è possibile creare una vera e solida teoria economica su questo concetto di “valore”, mentre è possibile costruirne di valide basandosi sui prezzi di mercato.

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